lunedì 17 ottobre 2016

Cortocircuiti e paradossi nella “soluzione” del problema obesità: fino a che punto c’è reale volontà di risolvere?

  Siamo proprio certi che l’obesità non sia 'voluta'?

L’obesità, sorella “cattiva” del sovrappeso, è un bel punto di domanda. Comporta altissimi costi sociali in termini di malattie acute/croniche da essa dipendenti e qui in Italia sta iniziando a divenire un problema. Tra i 6 e i 17 anni il 25% circa dei ragazzi è in eccesso ponderale ma quel che mette pensiero è che se si analizza in dettaglio la statistica si nota come tra i 6 ed i 10 anni ci sia il picco massimo col 36% (fonte: Ministero della Salute Aprile 2014). Sono dati che stanno eguagliando se non superando quelli riferiti dagli USA.

Dappertutto non si fa altro che chiedersi come mai questa tendenza allarmante: deregolazione nell’alimentazione? Scarsa propensione al movimento? Troppa televisione? Troppi video giochi?

Beh: non c’è da farsi tante domande. Grassi non si nasce o anche se si nasce “robusti” la crescita segue altre vie e riporta l’organismo al suo equilibrio. Ma dov’è l’equilibrio (e questo non lo dice la scienza ma il semplice buonsenso)? Semplicemente nel bilanciare attività fisica  ed apporti e nello stabilire col cibo un rapporto corretto (quindi non usarlo come un equivalente affettivo o una gratificazione tout court). La preoccupazione che da più parti si percepisce, con allarmi di grande impatto, non si coniuga con provvedimenti efficienti per la prevenzione.

A mio giudizio è perfettamente inutile mostrare meraviglia per la piega che le cose stanno prendendo senza dire, e con molta chiarezza, che a livello preventivo non solo non si fa nulla ma addirittura ogni media, ogni pubblicità, ogni stile di vita, ogni modello proposto non fa altro che incentivare errati consumi di cibo o disincentivare un aumento dell’attività fisica. La cosa che ritengo grave è che tutto accade subliminalmente attraverso canali che con l’alimentazione non hanno quasi nulla a che fare.

Pubblicizzare prodotti alimentari industriali spacciandoli come migliori dei cibi freschi (senza sapere che additivi, esaltatori di sapidità, ecc. portano a dipendenze e ad incremento dei consumi esattamente come le droghe), spacciare come moderni ed intelligenti i sistemi di comunicazione interumana (facebook, twitter, chat-lines e quant’altro) senza mettere in guardia sul loro potere “immobilizzante” sull’uomo (che non è più incentivato a muoversi, incontrare, agire fisicamente), rendere i videogiochi sempre più accattivanti (col risultato che aumenta il numero di ore passate ad usarli), ecc. sono tutti sistemi che, apportando enormi profitti ai produttori, contemporaneamente generano un aumento sproporzionato del consumo di alimenti e una diminuzione sostanziale dell’attività motoria.

Siamo proprio certi che l’obesità non sia “voluta”? Se ci si pensa attentamente l’obesità è una miniera d’oro. Il conto è presto fatto. I fronti su cui speculare sono molteplici: dapprima quello che comporta spese per l’approvigionamento dei cibi “junk” (o spazzatura, se si preferisce) che sono a bassissimo costo sia di produzione che di vendita e quindi, per la convenienza merceologica, richiedono di essere consumati in enormi quantità (e in quest’ambito non vanno esclusi tutti i prodotti “per l’infanzia” come latti artificiali, farine, omogeneizzati, liofilizzati usati per il divezzo);

In secondo luogo quello che comporta il continuo aggiornamento dei mezzi di svago e comunicazione a livello telematico, sempre più invischianti (apparecchiature elettroniche, computer, console, telefoni smart);

In terzo luogo, una volta instaurata l’obesità, tutti i fronti di lotta (apparente, dato che una volta instaurata la patologia ed i danni ad essa conseguenti non c’è molto che funzioni come deterrente o correttore) come ad esempio diete le più fantasiose e strane (tutte a costi elevati e caratterizzate dal consumo di prodotti alimentari industriali, polveri, integratori, surrogati di pasti, ecc.) spacciate da personaggi che si improvvisano dietologi senza esserne competenti a livello strettamente nutrizionale (occorre una particolare specializzazione/laurea per sapere cosa fare veramente), apparecchi ginnici, ecc.; Infine, ed è certamente più grave, l’indotto di cui beneficiano le case farmaceutiche produttrici di farmaci anoressanti con un giro di affari spaventoso.

Qualcuno dirà che sto esagerando e che sono affetto dalla “sindrome del complotto”. Non è così e lo dimostrerò. Proprio oggi mi è arrivato l’ultimo numero di “Medscape Family Medicine” (aggiornamento medico) in cui compare un articolo il cui titolo è: ”Possiamo medicalizzare la nostra via d’uscita dall’epidemia di obesità?”. In questo articolo si parla in toni angosciati del problema come di una piaga sociale ma si dice che le diete non bastano, l’aumento del movimento non è sufficiente (per motivi riguardanti la compliance degli obesi che dopo anni di stravizi e pigrizia non riescono a mantenere il peso forma anche quando lo raggiungono) e quindi propongono tutta una serie di anoressanti farmacologici (moltissimi derivati amfetamici che , guanda caso, generano dipendenza).

Nell’articolo non si fa la minima menzione del fatto che l’obesità è una conseguenza dell’ignoranza e della cattiva educazione alimentare: semplicemente si guarda al problema una volta sorto, quando ormai è troppo tardi per tutto e quando ogni soluzione è di difficile applicazione per le ormai inveterate cattive abitudini. Non si dice che la soluzione non sta soltanto nel curare gli obesi mediante farmaci, supporti psicologici, cambiamenti di stile di vita ma che è esclusivamente preventiva, iniziando da neonati/bambini/adolescenti a mangiare le cose giuste, in quantità corrette ed in base alle necessità, usando materie prime di buona qualità.

Leggendo l’articolo ho provato una vera e propria rabbia impotente. Siamo in mano a persone che con una mano ci offrono, blandendoci, edonismi inutili e pericolosi spacciandoli come preziosi e con l’altra ci puniscono per averne fruito una volta che si siano creati danni. Iniziamo a scoprire il trucco per salvarci. Non dobbiamo smettere di consumare: dobbiamo farlo con criterio. A questo articolo americano ho inviato un commento che riporto qui di seguito (l’ho scritto in Inglese, dato che si tratta di rivista internazionale):

Dr. Stefano Tasca|  Pediatrics, General

I’m Italian and my endless fight, since I was a young pediatrician, has always been teaching families about the relevance of a nutritional education, starting from birth (human milk), going on with a correct weaning (starting from 4 months), using fresh home-cooked foods, balancing the diet in relation to the different steps of growth, keeping in mind that eating is not only filling our stomach with anything at hand, showing the children that eating correctly is more valuable than a life insurance. And It works. When you’re young and begin your approach to food with consciousness is more likely for you to achieve a self regulation in eating when you’re older. We must keep in mind that an exclusive long lasting breastfeeding, a late weaning, the use of industrial products (baby foods in general), the use of ready meals (rich in sugar and fats that induce dependence) and bad parental examples (fat and lazy mothers and fathers can’t grow active and thin sons) are the main causes of obesity. And more important: some very popular TV series dealing with food pass a bad message: eating is a fight and man must win showing his strenght by eating fat, salty, spicy foods in monstrous amounts. Is this the American way of life? You solve every problem with drugs when it’s too late? Anything must be done without measure only because you’re alive? The measure of power is consuming without limits (not only foods)? Before using drugs to achieve a regulation of weight I think it’s fundamental to teach from childhood that eating is not only a pleasure or a refueling but a real and magical art.
Lo traduco: “Sono Italiano e la mia infinita lotta, fin da giovane pediatra, è sempre stata quella di insegnare alle famiglie l’importanza di una educazione alimentare, iniziando dalla nascita (latte al seno), continuando con lo svezzamento (a partire dai 4 mesi), usando cibi freschi cucinati in casa, bilanciando la dieta in base alle differenti fasi di crescita, tenendo presente che mangiare non è semplicemente riempirsi lo stomaco con qualsiasi cosa a portata di mano, mostrando ai bambini che mangiare correttamente ha più valore di una assicurazione sulla vita. E funziona. Quando sei giovane ed inizi il tuo rapporto col cibo con consapevolezza è più probabile che si raggiunga l’autoregolamentazione nell’assunzione di cibo quando sarai adulto. Dobbiamo ricordare che un allattamento esclusivo al seno troppo prolungato, uno svezzamento ritardato, l’uso di prodotti industriali (cibi per l’infanzia in generale), l’uso di “pasti pronti” e fast foods (ricchi in zuccheri e grassi che generano dipendenza) e cattivi esempi familiari (padri e madri grassi e pigri non possono crescere figli magri e attivi) sono le cause principali di obesità. E più importante: alcune (molte) serie TV che parlano di cibo fanno passare un cattivo messaggio: mangiare è una competizione e l’uomo deve vincere mostrando la sua forza con l’ingerire cibi grassi, speziati e salati in quantità mostruose. E’ questo lo stile di vita americano? Risolvete ogni problema coi farmaci quando è troppo tardi? Ogni cosa deve essere fatta senza regole solo per dimostrare di essere vivi? La misura della propria potenza sta nel consumare senza limiti (e non solo cibo)? Prima di usare farmaci per acquisire una regolamentazione del peso penso proprio che sia fondamentale insegnare sin dall’infanzia che mangiare non è solo un piacere o una ricarica ma una vera e magica arte.
Chi vuole ascoltare ascolti: padroni di noi stessi significa padroni di scegliere per il nostro meglio. Solo questa si può chiamare libertà.


Stefano Tasca, Alessandro Tasca


http://www.informasalus.it/it/articoli/problema-obesita-volonta-risolvere.php 

Nessun commento:

Posta un commento