lunedì 26 giugno 2017

L'esilio



I momenti in cui sono cresciuto di più sono stati quelli in cui ho dovuto tagliare i ponti con tutto ciò che era sicuro, comodo e conosciuto. 

Ci sono stati giorni in cui ho fatto le valigie e sono partito non avendo la minima idea di dove sarei andato. Ho avuto paura ovviamente. 

Ma adesso ringrazio quei giorni con tutto il cuore. 

E' esattamente in quei momenti infatti, quando non hai più nessuno a sostenerti (in tutti i sensi, economico, emotivo, fisico) che sei costretto a fare affidamento su quel qualcosa che non si vede ma che sai esserci, ed è solo così, rinunciando ad aggrapparti a qualsiasi altra cosa, che lo fai agire per te. 

In quei periodi nei quali hai deciso di percorrere la tua di strada e non quella che qualcun altro o una genealogia, avevano tracciato per te, hai a che fare con quel senso di scomodità, di carenza, di paura di non farcela che, a mio parere, è una miracolosa medicina per la piccolezza e per la mancanza di scopo nella vita, perché ti costringe a costruire la fede.
 
E' la paura di stare in esilio, lontani da amici, famiglia, ruoli, comodità e sicurezze che ci tiene fermi sul sentiero della nostra grandezza. 

E' la paura che il nostro piccolo 'io' cui tanto teniamo vada in frantumi se decidiamo di partire davvero e di farlo da soli, è il suo panico di fronte alle destinazioni ignote a tenerci incollati nella solita vecchia melma di sempre. 

Tuttavia quel piccolo 'io' che proteggiamo è esattamente il motivo per cui non siamo e non possiamo essere i veicoli del nostro Sé. 

Quel piccolo, misero io, sostenuto da tutti i contratti cui ci siamo vincolati, accampa sempre mille e una scusa al fatto che, a volte, un esilio forzato è l'unica soluzione. 

Mi pare però che è solo così che si può crescere. 

Facendocela da soli, trovando nella solitudine una forza e una ispirazione che chi resta sempre al sicuro senza rischiare mai non può e non potrà mai conoscere.


Andrea Panatta 



fonte: http://maghierranti.blogspot.it/2017/02/lesilio.html

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