giovedì 28 settembre 2017

Una prova ulteriore del perché non ci si può fidare della parola dell’America


Gli eventi recenti confermano la visione di molti che, per gli Americani,  il rispetto delle leggi internazionali è – se va bene – un optional aggiuntivo, piuttosto che una componente essenziale del comportamento fra Stati.

Il primo esempio si riferisce al recente stallo tra USA e Corea del Nord. L’articolo 2 (3) della Carta delle Nazioni Unite, un documento della cui formulazione gli Stati Uniti sono stati determinanti, recita:
Tutti i membri devono risolvere le dispute internazionali con mezzi pacifici….
L’articolo 2 (4) prevede inoltre che:
Nelle relazioni internazionali tutti i membri devono astenersi dalla minaccia o dall’utilizzo della forza contro l’integrità territoriale…di ogni Stato…
Nelle ultime settimane non c’è stato un giorno senza che quegli obblighi non siano stati violati rispetto alla Corea del Nord. Lo stesso Donald Trump ha minacciato “fuoco e furia come non avete mai visto”. Lui, il suo Segretario alla Difesa Mattis e l’ambasciatore USA all’ONU Nikki Haley, hanno detto varie volte “tutte le opzioni sono sul tavolo” o “la Corea del Nord sarà cancellata” e cose simili, tutte frasi di esplicita e aperta minaccia.

Non sono solo parole. Massicce esercitazioni militari – di terra e di mare – sono state effettuate vicino ai confini della Corea del Nord. Ci hanno detto che uno degli obiettivi di queste esercitazioni era la preparazione della “decapitazione” della leadership nord coreana. Bombardieri con armi nucleari pattugliano lo spazio aereo coreano, e sono stati installati sistemi missilistici. Questi ultimi dichiarati per scopi “difensivi”, ma sono in realtà parte di un sistema missilistico offensivo rivolto verso Russia e Cina.

Il secondo esempio sono state le incursioni senza precedenti da parte dei funzionari federali USA nel consolato russo di San Francisco e nelle abitazioni dello staff consolare. Questa è una violazione della convenzione internazionale più importante, la Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche e i Protocolli Opzionali (la “Convenzione di Vienna”).

L’Articolo 22 della Convenzione di Vienna stabilisce che:
  1. Le sedi delle rappresentanze diplomatiche sono inviolabili. Gli agenti dello Stato ospite non possono entrare, tranne che con il consenso del capo della missione.
  2. Lo Stato ospite ha l’obbligo particolare di adottare misure adeguate per proteggere le sedi delle rappresentanze diplomatiche
  3. Le sedi delle rappresentanze diplomatiche, i loro arredi e le altre proprietà presenti in esse, e i mezzi di trasporto delle sedi sono immuni da perquisizioni, requisizioni, sequestri o provvedimenti esecutivi.
Qui non c’è alcuna ambiguità. Inviolabile significa esattamente ciò che significa. Ciò che è meno chiaro sono le motivazioni americane per tale palese e inaccettabile violazione delle norme internazionali. Christopher Black [in Inglese] cita il Ministro degli Esteri russo secondo cui l’unica ragione per queste perquisizioni, oltre che per bullismo e intimidazione, è stata l’opportunità per gli Americani di installare degli oggetti che possano essere utilizzati nella loro guerra di propaganda contro la Russia.

Cosa che è certamente possibile, ed è una ragionevole conclusione da trarre, visto il fatto che gli Americani hanno preteso che le sedi fossero vuote durante la perquisizione. E’ anche coerente con i trascorsi che gli Stati Uniti hanno con questa disonestà e con le continue false dichiarazioni per giustificare l’aggressione.

Le accuse contro il governo libico di “uccidere il proprio popolo”, i presunti attacchi di gas sarin da parte del governo siriano contro la popolazione, le armi di distruzione di massa dell’Iraq e il presunto programma di armi nucleari dell’Iran: questi sono solo quattro esempi tra i più recenti ed esagerati.

Le conseguenze di queste falsità sono state devastanti per tre dei quattro paesi interessati. Nonostante le evidenti prove contrarie, i successivi governi americani hanno perseverato con queste falsità, con la consapevole complicità dei media corporativi.

Black correttamente sottolinea anche che ciò agisce come un precedente  che si può ritorcere contro gli Stati Uniti, in quanto gli USA non possono ora logicamente sostenere che le proprie missioni diplomatiche rimangano immuni.

La terza possibilità è che tali azioni siano state semplicemente il risultato di arroganza e stupidità. Gli Stati Uniti si sono sempre considerati una “nazione eccezionale”, con quella percezione che ora si è estesa e la rende esente dalle norme del diritto internazionale. La violazione e la perquisizione nelle sedi diplomatiche in violazione della Convenzione di Vienna è quindi semplicemente un’estensione di un modello consolidato di comportamento.

Il terzo esempio della ragione per cui la parola degli Stati Uniti non può essere affidabile, è quella con le conseguenze potenzialmente più pericolose. Gli USA e i suoi alleati dichiarano da molto tempo che l’Iran aveva un programma di armi nucleari. Israele lo ha detto per 20 anni che l’Iran è stato “a soli pochi mesi di distanza” dal possedere un’arma nucleare, a cui si aggiunge una bizzarra presentazione di Benjamin Netanyahu all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

La totale assenza di ogni prova evidente, e addirittura l’esistenza di due rapporti di intelligence americani che dicono il contrario, non è stata mai sufficiente per fermare l’inarrestabile fuoco di sbarramento di propaganda fatto contro l’Iran o per impedire l’imposizione delle sanzioni.

L’effetto è stato quello di far aumentare pericolosamente la tensione fino al punto che un singolo atto di stupidità, come Israele che porta avanti una delle sue molteplici minacce per attaccare l’Iran, avrebbe potuto facilmente portare a una guerra più ampia.

Grazie in gran parte ai governi russo e cinese, e a un raro momento di sanità mentale del governo statunitense di allora, è stato negoziato un accordo tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea, la Germania e l’Iran. Noto come JCPOA, Piano d’Azione Congiunto Globale [Joint comprehensive Plan of Action], è stato firmato dalle parti nel luglio 2015.

Di conseguenza il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha sostenuto questo accordo unanimemente il 20 luglio 2015 (Risoluzione 2231). Vale la pena citare tre elementi chiave definiti nell’Introduzione:
iii) l’Iran ribadisce che in nessun caso l’Iran cercherà, svilupperà o acquisirà mai armi nucleari.

(v) La JCPOA avrà come effetto l’abolizione totale di tutte le sanzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e delle sanzioni multilaterali e nazionali relative al programma nucleare iraniano.
(viii) I paesi dell’Unione Europea, Russia, Cina, Stati Uniti e Iran si impegnano ad attuare l’accordo JCPOA in buona fede e ad astenersi da ogni altra azione incompatibile con il contenuto, lo spirito e l’intento del JCPOA che potrebbe compromettere la sua efficace attuazione.

La risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha di fatto trasformato il JCPOA in uno strumento di diritto internazionale. Il Congresso degli  Stati Uniti ha anche approvato l’Atto di revisione dell’accordo sul nucleare iraniano, in base al quale il Presidente deve fornire ogni 90 giorni al Congresso una “certificazione di conformità” che attesti il rispetto da parte dell’Iran di quanto previsto nel JCPOA.

In base a quanto previsto dal JCPOA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA) ha anche il diritto di effettuare ispezioni presso le strutture nucleari iraniane (l’uso civile è permesso) e di rilasciare i propri certificati di conformità. La ha già fatto più volte.

Trump ha così adempiuto due volte ai suoi doveri di segnalare la conformità al Congresso ma ha detto al Wall Street Journal che, se fosse stato per lui, avrebbe rilevato la non conformità dell’Iran 180 giorni prima (cioè quando si è insediato).

L’ignoranza di Trump è abbastanza profonda, ma ora si sa che ha istruito le sue agenzie di intelligence a fornire la prova della mancata conformità dell’Iran. Questo è sorprendente e pericoloso. Trump ha chiaramente tratto la conclusione a priori che l’Iran non sia conforme, e vuole che le agenzie di intelligence producano dei fatti che possiamo definire solo come “falsi” per giustificare la sua conclusione pre-definita.

Questo fatto riporta alla mente il punto sollevato dal capo dell’intelligence britannica nella fase precedente la guerra in Iraq, quando osservava che “i fatti sono stati costruiti per adattarsi alla politica”.

Inoltre, gli Stati Uniti non sono riusciti a togliere le sanzioni in base al JCPOA, ma hanno imposto nuove sanzioni con il pretesto dei test balistici effettuati dall’Iran (che non sono vietati dal JCPOA), affermando che l’Iran è uno “sponsor del terrorismo”. Di nuovo:  i fatti non possono intromettersi nella politica. È semplicemente impossibile riconciliare queste e altre azioni con l’obbligo della “buona fede” previsto dal JCPOA.

Le tre immagini qui riportate confermano la verità dell’osservazione del Presidente Putin, secondo cui l’America è HeAOROBOPOCNOCO6Hb1, che – da quanto capisco – si traduce come “incapace di accordo”.

L’unico mistero che rimane è il motivo per cui qualcuno potrebbe accettare l’impegno illimitato dell’America, quando la sua affidabilità è subordinata ai capricci dell’amministrazione del giorno.


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Articolo di James O’Neill pubblicato per The New Eastern Outlook il 9 settembre 2017
Traduzione in italiano a cura di Elvia Politi per SakerItalia.it

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