giovedì 16 novembre 2017

La dipendenza dalla guerra degli Stati Uniti


Gli Stati Uniti hanno un serio problema di dipendenza. George W. Bush aveva già messo in guardia dalla “dipendenza dal petrolio”; l’attuale presidente Trump, questa settimana, ha dichiarato che la dipendenza da oppioidi è “un’emergenza” nazionale. Inoltre, il suo predecessore Barack Obama aveva evocato lo spettro della “dipendenza da armi”, e aveva chiesto maggiori controlli sulle armi da fuoco a seguito delle numerosi stragi.

Ma la più grande dipendenza degli Americani è raramente menzionata: l’enorme dipendenza dalla guerra. A tal proposito, il Paese non riesce ad ammettere la realtà, quantomeno per ciò che riguarda la sua classe politica.

Mentre Trump lotta contro Repubblicani e Democratici [in inglese] per far passare i suoi tagli alle tasse e alla spesa pubblica, c’è un argomento che rimane tabù nella discussione politica: per il prossimo anno, il Congresso sta per approvare una spesa militare record di 700 miliardi di dollari. È un incremento di circa 50 miliardi rispetto al budget dell’anno scorso, che già segnò un record a sua volta.
Secondo le stime del National Priorities Project, la spesa militare americana brucia più di metà del budget discrezionale annuo di 1.100 miliardi di dollari. Vale a dire, circa dieci volte di più di quanto gli USA spendono in pubblica istruzione e sanità.

Se inseriamo questa spesa annuale di 700 miliardi in un contesto globale, vediamo che gli USA spendono dieci volte di più di Russia, Gran Bretagna o Francia. O, in altri termini, grossomodo quanto tutti gli altri nove Paesi con la spesa militare più alta messi insieme, incluse Cina, Russia, Gran Bretagna, Francia, Arabia Saudita e Corea del Sud.

Inoltre, allo stato attuale, il budget militare americano è livelli record anche rispetto alla Guerra Fredda. Pensateci. Ufficialmente, la Guerra Fredda è finita nel 1991 con la fine dell’Unione Sovietica, eppure, in un periodo teoricamente pacifico, gli USA hanno incrementato la propria economia bellica.

David Stockman, che ha lavorato come senior economist nell’amministrazione Reagan negli anni ’80, ha paragonato l’attuale spesa militare con i picchi raggiunti durante la Guerra Fredda. In termini di valuta attuale, Stockman ha stimato che l’attuale cifra di 700 miliardi è più o meno doppia rispetto a quella spesa dagli USA durante la Crisi Missilistica Cubana del 1962 [in inglese], all’apice della Guerra Fredda.

Un altro dato: nel 1968, mentre infuriava la guerra in Vietnam [in inglese], la spesa militare americana ammontava a 400 milioni di dollari attuali, secondo Stockman. Persino negli anni Ottanta, quando il presidente Reagan lanciò un’inaudita corsa alle armi contro l’Unione Sovietica, il budget militare statunitense raggiunse un picco di 550 miliardi all’anno. Sarebbero 150 miliardi in meno rispetto a quanto l’amministrazione Trump e il Congresso stanno proponendo. Un quarto di secolo dopo la fine – teorica – della Guerra Fredda.

Stockman, minimizzando, definisce questo stanziamento di denaro dei contribuenti americani “disgustosamente eccessivo”. Descrive l’America come uno “Stato bellico” [“warfare state” in inglese] e prevede che questo modo di stanziare le proprie risorse porterà al collasso economico della Nazione. La “emorragia di solvibilità fiscale” va ad incrementare un debito pubblico enorme, stimato già a 20mila miliardi.

Ci sono molti motivi per deplorare questo consumo insaziabile di risorse nazionali da parte dell’apparato militare.

Un buon motivo è il preoccupante abbandono dei diritti sociali per milioni di Americani. Trump vuole tagliare le tasse per 1.5mila miliardi: di ciò, secondo il Centro per le Politiche Fiscali (Tax Policy Center), beneficeranno soprattutto i super-ricchi e le multinazionali. Questo omaggio al 10% più ricco della popolazione avrà come conseguenza tagli brutali alla sanità, allo stato sociale, all’educazione, all’edilizia e alla ricerca medico-scientifica.

Se, al contrario, il governo USA tagliasse la spesa militare, tutti gli Americani potrebbero avere un’educazione e una sanità completamente gratuiti e di altissimo livello.

Un’altro motivo è che il mostruoso complesso militare-industriale americano è la causa di insicurezze e conflitti globali. Paradossalmente, i politici USA giustificano la spesa militare con il bisogno di rendere l’America sicura, grazie ad una robusta difesa. In realtà è proprio il contrario.

Ovviamente, se gli USA accumulano sempre più armi, anche le altre nazioni sono obbligate ad aumentare le proprie difese. Questa dinamica porta ad ulteriori tensioni, sfiducia ed incomprensioni. Sta agli USA l’onere di diminuire le spese militari, essendo il Paese che spende di più. Così facendo, si invertirebbe la tendenza anche negli altri Paesi.

L’economia bellica americana, essendo ciò che è, ha anche altri impatti deleteri a lungo raggio. L’industria delle armi, negli Stati Uniti, è responsabile della metà del commercio di armi in tutto il mondo. Il Pianeta è inondato di armi fatte negli USA, che attizzano conflitti regionali e gruppi terroristici non-statali.

Perdipiù, con un reparto militare così sovradimensionato, la logica ineluttabile a cui i governi americani non possono sfuggire è di creare guerre per mantenere in piedi la propria economia. La “corsa all’Africa” da parte di Washington è un caso da manuale, in quest’ottica.

I libri di Storia ci dicono che nessun’altra nazione è stata coinvolta in così tante guerre come gli USA, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale. Non c’è confronto. Lo storico William Blum ha documentato dozzine di guerre americane in ogni parte del globo: le più importanti sono quelle di Corea, Vietnam, Iraq, Afghanistan, oltre a parecchie altre che hanno avuto luogo in maniera più clandestina in Asia, Africa, Medio Oriente ed America Latina. Le morti di cui sono responsabili i militari americani negli scorsi 7 decenni ammonta a circa 25 milioni.

Perché gli USA sono dipendenti dalla guerra? Una delle motivazioni è legata al fallimento del capitalismo americano. L’economia statunitense è puntellata dal complesso militare-industriale, con gigantesche aziende di armi come Lockheed Martin, Boeing e Raytheon. Queste industrie hanno un’enorme potere lobbistico su governo, think tanks e stampa, il che si perpetua nello stato di guerra continua.

Ad ogni modo, quest’economia bellica è insostenibile, come afferma David Stockman – ed altri. Sta portando ad un debito fiscale e ad un decadimento sociale cataclismico, e sta fomentando anche un mondo instabile di tensioni internazionali e conflitti. La belligeranza di Washington contro Cina, Russia, Iran e Corea del Nord è un corollario di questa forza militare irrazionalmente sproporzionata.

Di questo pericoloso stato di cose fummo messi in guardia circa 55 anni fa, nel 1961, dal presidente Ike Eisenhower, nel suo discorso di addio alla Nazione. Eisenhower preannunciò la cupa emergenza di un complesso militare-industriale dominante che avrebbe posto un pericolo alla nazione americana e al mondo.

Il suo successore, John F. Kennedy [in inglese], aveva intenzione di tenere a bada i militari. Si oppose ad una corsa alle armi nucleari con l’Unione Sovietica e voleva ritirare le truppe dal Vietnam.

Non è solo il resto del mondo a soffrire dalla dipendenza americana dalla guerra. La società e la democrazia statunitense sono esse stesse vittime. Immaginate soltanto quanto più sana, istruita, prospera e acculturata sarebbe la cittadinanza americana se non avessero dovuto iniettare la propria economia con 700 miliardi annui.

L’ironia finale è che le altre dipendenze patologiche americane sono intrecciate con quest’abitudine alla guerra. La sua dipendenza dal petrolio, la crisi dell’oppio favorita dagli affari illeciti dietro alla guerra in Afghanistan, e la proliferazione di armi parabelliche nella società hanno, in un modo o nell’altro, radici ben salde nella dipendenza americana dalla guerra.

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Articolo di Finian Cunningham pubblicato su Sputnik News il 25 ottobre 2017
Traduzione in italiano a cura di barg per SakerItalia.it

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