mercoledì 23 maggio 2018

Il Debito Pubblico Italiano è la”sola”da restituire agli speculatori

Salvini con Vladimir Putin

Il nuovo governo italiano (in via di formazione) ha reso pubblico il suo programma economico, per grandi linee ed in un primo momento era trapelato (da illazioni) che il documento conteneva in particolare il requisito della cancellazione da parte della UE di 250 miliardi di euro del debito pubblico dell’Italia e di far liberare il paese da numerose restrizioni di regole imposte dalla UE. Altrimenti, Roma minacciava di lasciare l’area dell’euro per tornare alla lira italiana (anche se poi smentito).

In realtà a nostro avviso i 250 miliardi non basterebbero poichè dovrebbe essere richiesto alla BCE di cancellare per lo meno 1/3 del debito ovvero quella parte dovuta agli interessi ad usura accumulati negli anni.


Sosteniamo infatti che il nuovo governo italiano, per essere credibile come governo sovranista ed anti-sistema, dovrebbe richiedere all’UE di cancellare 1/3 del debito pubblico. Questa richiesta è giustificata dal fatto che lo Stato ha iniziato a pagare interessi da usura sempre più elevati da quando (nel 1981) i potentati finanziari imposero all’Italia la scissione Tesoro-Banca d’Italia e da allora lo Stato ha cominciato a finanziarsi tramite i mercati e iniziando a pagare interessi sempre più elevati.


Tale situazione era dovuta dal venir meno della garanzia che i titoli statali invenduti ( Bot e CCT a basso tasso di interesse) venissero comunque coperti dall’acquisto garantito da parte della Banca d’Italia in modo che si limitavano le speculazioni della finanza. Decisione che fu imposta all’Italia per spogliarla del suo risparmio e della sovranità monetaria. Adesso viene il momento di restituire la “sola” agli speculatori.

Il denaro del risparmio degli italiani, tramite la tassazione abnorme, ha intrapreso una strada piuttosto peculiare: prelevato dalle nostre tasche tramite lo Stato esso è poi finito nelle mani degli speculatori.

I leader del Movimento a 5 stelle e della Lega, che hanno vinto il maggior numero di voti nelle elezioni del 4 marzo, hanno concordato i principi di base della politica economica del governo di coalizione. In base a questi si sono convinti che non saranno le entrate fiscali a garantire l’uscita dalla stagnazione economica, ma gli ” investimenti ” e la ” strategia espansionistica”, ovvero il fatto di iniettare liquidità nel mercato, per le famiglie, le imprese ed i consumatori. L’unica via questa che consentirebbe una vera ripartenza del sistema economico. Sarebbe questo già l’inizio di un nuovo corso che segnerebbe una svolta e minerebbe l’assetto della UE dominato dalla finanza speculativa.

I dati macroeconomici ci dicono che, nel 2017 l’economia italiana ha registrato una crescita economica di appena l’1,5%, mentre la media dell’area dell’euro è stata del 2,5%.

Nel primo trimestre la crescita italiana è rallentata all’1,4% su base annua, mentre nell’UE è rimasta stabile al 2,5%.

Per rimediare alla situazione, i leader dei partiti vincenti (5 Stelle e Lega) sostengono giustamente la necessità di adottare diversi stimoli fiscali che vanno contro i principi neoliberisti di austerità imposti dalla Commissione Europea e della Banca Centrale europea (BCE). Queste idee rivoluzionarie sono molto costose in apparenza ma servono a smuovere l’economia ed a far uscire il paese dalla deflazione e stagnazione economica. Creare lavoro è la priorità della Lega in particolare che fra l’altro rientra negli obblighi costituzionali ben prima dei vincoli corrispondenti ai mercati ed al rispetto delle regole finanziarie.

Fedriga con Salvini

Il fatto di ridurre le imposte sul reddito per le imprese e gli individui al 15% circa (flat Tax) è un sistema che potrebbe aumentere significativamente la loro capacità di investimento, riducendo al contempo le entrate di bilancio di 80 miliardi di euro l’anno. L’abbandono della riforma delle pensioni (legge Fornero) ridurrebbe le tensioni sociali, ma si perderebbero altri 15 miliardi di euro nel bilancio. E il rifiuto dell’adeguamento dell’IVA è ancora un costo di 12,5 miliardi.

In totale, dal bilancio mancherebbero più di 100 miliardi di euro in quanto il debito pubblico italiano si attesta al 131,8% del PIL, il più alto indice dell’UE dopo la Grecia. Tuttavia, secondo le regole imposte dall’UE, il deficit del bilancio pubblico non dovrebbe superare il 3% del PIL (fiscal compact). Di conseguenza qualsiasi governo che dovesse rispettare questi vincoli avrebbe le mani legate.

I soloni delle opposizioni, in particolare la sinistra europeista, la stessa che ha prodotto il maggiore arretramento economico dell’Italia dal dopoguerra in poi, hanno iniziato un fuoco di sbarramento parlando di programma inattuabile, di mancanza di coperture e quant’altro. In realtà la maggioranza dei cittadini avverte la necessità di un cambiamento e per questo si ritiene che i leaders della coalizione che aspira a governare dovrebbero avere il coraggio di fare delle scelte in contro tendenza sfidando la UE nel violare le regole imposte come un cappio al collo del paese.

Tuttavia è facile obiettare che, come da sempre sosteniamo, non si potrà uscire in modo indolore da questa impasse, con il nuovo governo che vuole fare spesa espansiva e la UE che impone il taglio dei bilanci e rispetto del Fiscal Compact, se non si prende il toro per le corna.

Questo significa rimettere in discussione i trattati europei penalizzanti come Mastricht e Lisbona, come il Fiscal Compact e le regole imposta da Bruxelles. Soltanto dopo, quando si ottiene con una stretta negoziazione e con la minaccia di mandare a carta e quarantotto tutta la costruzione della UE, si potrà ottenere la libertà di movimento.

Il potere contrattuale dell’Italia, come principale debitore del sistema europeo è molto alto e chi governa dovrebbe farlo pesare sui tavoli di Bruxelles sbattendo in faccia ai tedeschi e francesi il rischio di mandare in bancarotta le loro banche che detengono i titoli del debito italiano e far crollare il sistema che ha permesso alla Germania di accumulare giganteschi surplus commerciali a spese degli altri paesi.

Fondamentale iniziare a prepararsi per una uscita dall’euro, magari iniziando a far circolare una moneta parallela ad uso interno, i trattati lo permettono.

Luigi Di Maio comizio

Qualcuno potrebbe obiettare che il crollo del sistema euro coinvolgerebbe anche l’Italia. Bravo! E’ proprio questo che si vuole, dopo un periodo di turbolenze ogni stato tornerebbe ad una propria moneta i tedeschi ritornerebbero ad un marco sopravalutato e l’Italia tornerebbe ad una lira svalutata che consentirebbe al sistema economico di ripartire con investimenti, produzione manifatturiera e servizi a costi competitivi. Questo rischio spingerebbe al Germania a trattare, visto che i tedeschi capiscono solo la legge della forza.

Tuttavia sono già in agguato i potentati finanziari, dalla BCE al FMI, che, assieme alla Commisione Europea, faranno di tutto per sabotare il tentativo di un nuovo governo che volesse percorrere questa strada e le manovre sono già iniziate per affossare qualsiasi tentativo di uscire dall’impasse e togliere il cappio al collo al paese.

La domanda è quella se saranno in grado i Salvini ed i Di Maio resistere alle pressioni ed ai sabotaggi che già si paventano sulla nuova formazione di governo ma, prima ancora di questo, se sono consapevoli delle sfide a cui si troverà davanti una compagine di governo che voglia davvero percorrere questa strada.


Possiamo scommettere su Salvini ed avanzare qualche dubbio sull’inesperto ed impreparato Di Maio ma non ci dispiacerebbe di trovarci innanzi ad una sorpresa. Le scelte politiche richiedono spalle forti e spina dorsale dritta e uomini in grado di affrontare i rischi, anche personali, che scelte sgradite ai poteri dominanti comportano.

Speriamo in un miracolo, un nuovo “miracolo italiano” ma attenti alle trappole che non mancheranno.


Luciano Lago


fonte: https://www.controinformazione.info/il-debito-pubblico-italiano-e-lasolada-restituire-agli-speculatori/


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